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Il Castrum Ligabitii o Ligabicij è citato in una bolla pontificia sin dal 998 e trae origine, probabilmente, dal nome del fondatore del castello. Anch'esso subì le vicende dei vicini castelli: passò sotto il dominio della Chiesa ravennate, poi del Comune di Rimini che era in lotta con la città di Pesaro. La chiesa di Sant'Ermete sorse all'interno del castello ed era soggetta alla Pieve di San Cristoforo già descritta dall'Olivieri. La chiesa ricalca nella facciata a capanna l'impronta romanica; il campanile è successivo; il trittico trecentesco (di scuola marchigiana), che si trovava all'interno della chiesa, oggi è conservato presso il Museo Civico di Pesaro. Nella chiesa di Sant'Ermete sono esposti un crocifisso ligneo del secolo XV e la "Madonna del Latte" di scuola marchigiana del XV secolo (di autore ignoto). L'Alberti così descrive Gabicce: "E' molto pieno di vaghe vigne onde se ne cavano vino e fichi ed olio di molto sapore con altri buoni frutti: lo storico suo porto". Del castello, dopo l'ultima guerra, restavano alcune parti: tratti di mura e la porta d'ingresso, il paese di pescatori rinserrato e attraversato da piccole viuzze ; di tutto ciò non resta, purtroppo, quasi più nulla. Gli alberghi (oltre centoventi), i ristoranti, le gelaterie, i negozi, hanno ridisegnato il volto della città. Nel 4-500 il porto di Vallugola era molto importante, dava lavoro alla vicina Gabicce ed era in comunicazione con la Flaminia dove era situata l'Abbazia di San Cristoforo. Successivamente esso decadde a causa dei lavori di ristrutturazione del porto di Pesaro, effettuati all'inizio del '600. A metà dell'800 l'economia del paese non era monoproduttiva come adesso poichè vi lavorano numerosi pescatori, mezzadri ed artigiani. Gabicce può vantarsi di aver dato i natali a due grandi ceramisti: Girolamo e Giacomo Lanfranco che inventarono la tecnica per abbellire le maioliche con l'oro. L'importanza dei Lanfranco nella storia della ceramica è stata notevole, come traspare anche dall'editto del primo giugno 1569, emanato da Guidubaldo II Della Rovere, in cui si ordinò: "Vogliamo, et concediamo che detto Jacomo solo possa lavorare, et far lavorare in tutto il Stato nostro, vasi di terra, con oro o messi ad oro...". A tutt'oggi sono diversi gli artigiani che lavorano la ceramica nella città.