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Il toponimo probabilmente deriva dal termine latino Cryptulae o da quello greco Kruptai, grotticelle preistoriche tuttora visibili alla base del paese e ancora usate dagli esperti artigiani che lavorano i vasi d’argilla. Nel periodo della Magna Grecia fece parte della regione metapontina e in quello romano fu villaggio-presidio sulla Via Appia. Possesso dei Longobardi di Salerno fino l’anno mille, nel 1061 fu conquistato da Guglielmo Braccio di Ferro; poi passò ai Loffredo di Matera, a Ruggero di Lauro, conte di Tricarico, ai Monteforte e agli Orsini del Balzo. Nel 1434 divenne feudo degli Zurlo, ancora degli Orsini e poi dei Sances fino al 1639. Successivamente appartenne ai Caracciolo, agli Spinelli ed infine ai Sanseverino di Bisignano fino all’eversione feudale. All’ingresso del paese, in Largo S. Rocco, si nota la quattrocentesca Chiesa di San Rocco, già Santa Maria la Grotta perché il nucleo originario comprendeva una grotta ancora visibile dietro l’altare maggiore. Nel 1655 venne dedicata a San Rocco dopo la peste. La facciata si presenta a doppia capanna con tre rosoni. Sul portale si notano sculture in pietra che raffigurano l’Annunciazione, lo stemma del Comune e l’Eterno Padre. Una notizia, non ancora verificata, narra che il castello di Grottole fu fatto costruire nell'851 da Sichinulfo, un duca longobardo principe di Salerno. Fatto edificare con materiale calcareo e difeso da una serie di merli e feritoie, per i numerosi arcieri, difendeva la città di Grottole, che anticamente, come si legge nei Registri Angioini, era cintata di mura con vallo e ponte levatoio. Probabilmente il duca Sichinulfo aveva voluto questa fortezza soprattutto per difendere i territori venuti in suo possesso. Oggi non rimane che un colossale torrione, con una sola finestra spalancata verso il paese e, se la si osserva con attenzione nelle notti di luna e nei mesi da aprile a giugno, è facile vedervi una figura di una donna, Abufina, la più bella e la più sfortunata ragazza mai vissuta a Grottole. E’ la storia di un grande amore che inizia così. Un giorno Abufina, bellissima dama, ricamava seduta accanto alla finestra del torrione: ella possedeva la pelle bianca come latte e pensava al suo amore, Selepino, che combatteva in terra lontana.