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Alle soglie del III millennio Tramutola conta 3250 abitanti. Il paese e' adagiato su dolci e boscosi declivi collinari e si affaccia su una valle resa fertile per l'abbondanza delle acque. Il suo toponimo ( questa e' la versione maggiormente accreditata e accettata dagli studiosi di storia patria) e' dovuto al fatto che trovasi in una posizione strategica e che costituiva il punto obbligato di passaggio (“trames" che in latino significa: via trasversale, scorciatoia), che permetteva la comunicazione (attraverso il principale tronco di collegamento inter-regionale che era la via Popilia) e, quindi, lo scambio di merci e di cultura tra le popolazioni che risiedevano nelle valli di Diano e del Tanagro con quelle della val d'Agri ed oltre fino alle ex colonie della Magna Grecia. Tramutola vive la sua storia in simbiosi con quella del Cenobio benedettino di Cava de' Tirreni di cui è stata feudo, con alterne vicende, per circa sette secoli e fino alla legge eversiva della feudalità (1806). Si vuol far risalire la nascita di Tramutola all'anno 1144, data in cui Giovanni da Marsico (monaco della Badia di Cava e forse parente del Conte Silvestro di Marsico), chiede ed ottiene per conto dell' Abate dell'epoca Falcone, al Vescovo di Marsico Giovanni III, la chiesa di S. Pietro in Tramutola che raccoglieva, come in buona parte dei paesi meridionali dell'epoca, una comunità di monaci basiliani. E nel luogo ancora oggi denominato "S. Palomba", doveva sorgere un monastero di rito greco dedicato allo Spirito Santo. I pochi abitanti che vivevano all'ombra del campanile della chiesetta di S. Pietro godevano di uno stato socio-economico che per quei tempi era all' avanguardia, giacché i monaci basiliani avevano loro insegnato, oltre le cose inerenti il campo spirituale, come mettere a frutto la terra, di per sé già fertile, nel migliore dei modi onde averne messi abbondanti e varie. Questo, dunque, era il "casale" che i monaci della Cava ebbero in concessione. Tale feudo, però, non fu sempre sotto la diretta dipendenza dei benedettini ma subì le alterne e tumultuose vicende storiche dell'epoca. Per circa tre secoli, dal XIII al XV, nell'Italia meridionale si succedono i domini di varie dinastie: Svevi, Angioini; Aragonesi. Non migliore fortuna tocca Tramutola nel periodo aragonese. Essa segue le alterne vicende delle congiure e delle armi per cui il feudo passa dai Capece ai Sanseverino. Roberto Sanseverino muore nel 1474 e gli succede il figlio Antonello che è uno degli artefici della cosiddetta "Congiura dei Baroni" ordita nel castello di Miglionico. Ferdinando d'Aragona ha buon gioco contro chi gli si è rivoltato e così ai Sanseverino vengono sottratti i possedimenti: Tramutola, allora, è incamerata dal regio fisco nonostante l' abate di Cava ne reclami il possesso essendogli stata donata dal conte di Marsico nel lontano 1144. I monaci non si danno per vinti: adiscono le vie legali presso la Camera della Sommaria in Napoli. Dopo lunga e tormentata disputa legale la sentenza è a loro favorevole. Tramutola, però, non passa alle dipendenze dirette dell'Ordinario della Cava ma viene da questi ceduta di nuovo in enfiteusi alla famiglia dei Sanseverino che la manterranno fino al 1552. Dopo tale data tutti gli averi dei Sanseverino vengono incamerati dalla Corona e, così, Tramutola passa al regio demanio.