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La presenza di numerosi nuclei di selce, di schegge e di microliti sparsi per tutta l'area del Liento e fino a quella opposta del Traggine e di Serra delle Pietre, conferma che il luogo, al pari di quello di Ruvo, fu frequentato da cacciatori preistorici fin dai tempi lontanissimi dell'ultimo disgelo. Reperti vari, e soprattutto frammenti vascolari, danno adito a credere che gruppi umani fossero quivi insediati già agli inizi dell'epoca storica. Ma, al di là di ogni ragionevole dubbio, continua a rimanere un fatto certo della tradizione del luogo e nella letteratura storico lucana il preciso toponimo di "Rapone vecchio", parecchio al di sopra di Serra delle Pietre, sulla destra dell'Ofanto. E questo primo insediamento fu quello che poi scomparve durante il Medioevo, prima per le disastrose conseguenze della lunga guerra greco-gotica, la quale, proprio nell'area settentrionale della Basilicata e nell'Ofanto interno, ebbe un ulteriore supplemento di altri due anni, fino al 555, a causa della resistenza degli ultimi Goti supertisti che da Acerenza andarono a rifugiarsi tra le alte mura di Conza per il passo di Ruvo; e poi per l'arrivo nel Liento-Bradano dei Musulmani, i quali, assoldati prima dai signori longobardi di Benevento e di Acerenza per feroci lotte interne di predominio e di potere, e poi dagli stessi Bizantini contro di loro nella segreta speranza di recuperare gli antichi territori perduti, arrivarono a stanziare molto a lungo anche da una parte e dall'altra del sipario naturale dei Fronti di Ruvo, dov'era l'antica "Janua" romana per passare dal Sannio alla Lucania. Queste terribili presenze resero molto difficile e misera la vita a tutte le genti del Liento, fra le quali vennero ad insediarsi in quel tempo numerosi nuclei greci con preciso pretesto di aiutare i Longobardi di Salerno e di Conza a liberare le aree interne dei Musulmani, come confermano chiaramente gli antichi toponomi di "Mazzapone" e di "Monte Fego", volendo alludere con il primo alla parte più bassa del territorio, che fu ridotta alla miseria e alla fame da tutto un insieme poco noto di eventi e di calamità; e col secondo esattamente all'altura più a monte, tutta coperta di boschi di querce e di faggi, dove poi incominciò a prendere consistenza tra l'uno e l'altro millennio il nuovo abitato. E l'impressione è che, al di là delle ipotesi del Racioppi, sia bizantino il toponimo stesso di "Rapone", nel senso preciso di abitato nuovo sorto dal travaglio e dalla sventura, come indica chiaramente l'espressione greca "RA-PONO", la quale il nuovo abitato fu poi indicato anche nelle antiche carte mormanno-agioine. Sotto il regno dei Normanni Guglielmo I e Guglielmo II, e fino al 1169, Rapone appartenne, come suffeudo non ancora assegnato, alla Contea di Conza del signore Giornata di Balvano. Fino a quel periodo, e poi sotto gli Svevi, liberata la valle dai Musulmani, il feudo di Rapone visse in una situazione abbastanza prospera, come tutti i feudi vecchi e nuovi della valle interna all'Ofanto, avuto presente che proprio questo feudo normanno, che normalmente era tenuto a fornire alla Corona due militi equipaggiati dal valore complessivo di 40 once d'oro, era quello che in casi di guerra riusci sempre a rispettare l'obbligo di fornire l'aumento del doppio, al pari del feudo di Montemarcone, nei pressi di Lagopesole. Così Rapone, ancora sotto il dominio degli Svevi, continuò ad essere una sicura realtà feudale; tant'è che il suo nome compare, insieme con quello del casale di S. Tommaso di Ruvo, di Bella e di Pierno, tra quelli incaricati da Federico II di provvedere, per mere ragioni di vicinanza e di mutua assistenza, alla riparazione del castello di S. Fele, dopo la morte a Foggia della terza moglie dell'imperatore, Isabella d'Inghilterra nel dicembre del 1241. Esso poi, al pari di quasi tutti i feudi e le terre del bacino interno dell'Ofanto, venne a trovarsi in qualche modo coinvolto anche nei fatti della insurrezione ghibellina del 1268 in favore degli Svevi e contro gli Angioini, dato che, proprio in conseguenza di questi drammatici avvenimenti, Carlo I D'Angiò, chiamato in Italia dal Pontefice, in dispregio alle appartenenze e alle assegnazioni precedenti e a tutta quella antica tradizione longobarda e normanna che aveva visto l'area di Rapone sempre parte integrante della Contea di Conza, decise di assegnarlo a nuovo signore nella persona del francese Herveo de Chevreuse insieme con Rapolla, Cisterna e Pitrapalomba, il 14 febbraio 1271. Da questo momento incominciò in pratica il vero declino del feudo di Rapone nel quadro di una decadenza complessiva di tutta l'area interna dell'Ofanto, perchè da allora pressioni varie, abusi, violenze e sopraffazioni anche da parte degli stessi soldati francesi, fecero si che non solo il feudo, ma l'intera area del Liento-Bradano e della Valle di Vitalba, cadessero nel più grande squallore, aprendo la strada al banditismo e al brigantaggio.