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Già in epoca preellenica il suo territorio fu interessato da un insediamento di antichi abitatori italici, come si può dedurre dai ritrovamenti di Piana del Lago e S. Donato. Durante il periodo romano vennero costruite alcune Villae rusticae, di cui sono stati rinvenuti i resti in località Pergola, Galaino e San Giovanni. Prima della definitiva distruzione di Grumentum, sul finire dell’anno 1000, da parte dei Saraceni, sul sito della Civita esisteva un borgo fortificato longobardo sotto il dominio del Conte Guaimaro. Ivi si rifugiò il Vescovo di Grumentum per sottrarsi alla furia saracena ed intorno al 1060 avvenne il definitivo trasferimento colà della Diocesi grumentina. Con l’arrivo dei Normanni il centro fu assegnato intorno al 1077 a Rinaldo di Malconvenienza cui subentrò, più tardi, il Conte Silvestro. Ribellatosi costui a Guglielmo I nel 1161, la Contea venne confiscata ed affidata nel 1194 a Filippo Guarna. In epoca sveva Federico II la concesse alla famiglia Sanseverino e Manfredi a Enrico di Sperneria e Riccardo Filangieri. Con gli Angioini, Marsiconuovo ritornò a Ruggiero Sanseverino i cui discendenti la tennero sino al 1552. Passata in dominio regio, nel 1638 fu ceduta ai Principi Pignatelli, restando sotto di essi sino al 1806, anno di abolizione del regime feudale. Gli ultimi esponenti di questa famiglia, Vincenzo e Diego Pignatelli, aderirono alla Rivoluzione napoletana del 1799 e per questo, a restaurazione avvenuta, perdettero il Feudo. Dal 1296 Marsiconuovo era appartenuta amministrativamente alla Provincia di Salerno (Principato Citra), nel 1809 passò a quella di Basilicata. Nel periodo risorgimentale fu, insieme a Montemurro, il centro più attivo della propaganda carbonara. Sin dal 1808 fu fondata la “Scuola de’ Costumi” in cui si distinsero il Gran Maestro Vincenzo Cicchetti, il medico Domenico Pasquarelli e l’ecclesiastico Michele De Blasis. Il sisma del Dicembre 1857 lasciò nel paese profonde tracce; la Cattedrale fu rasa al suolo e con essa buona parte del Seminario e del Palazzo Vescovile. Si contarono altresì 89 morti. Dopo l’unità d’Italia, molti suoi abitanti si diedero al Brigantaggio. Tra essi ricordiamo: Francolino Pasquale, capobrigante, (alias Chianozzo), Marinelli Nicola (alias Maggiorano), Parente Domenico A. (alias Laganiello), Volta Domenico A. (alias Gattone). Dal 1880 al 1900 Marsico Nuovo si spopolò, come molti centri della zona, dando il suo contributo alla triste piaga dell’emigrazione.