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"Di rosso alla fascia d'argento, nella punta il mare, dal quale si innalza un portale di pietra naturale, merlato alla guelfa di tre pezzi, con battenti d'oro aperti, fiancheggiato in ognuno degli angoli superiori del campo da una corona d'oro". Così recita il Decreto del 19 febbraio 1942 con il quale viene riconosciuto alla città l'uso dello stemma, del sigillo e del gonfalone. Lo stemma di Pordenone ha, però, origini ben più lontane nel tempo. Esso compare infatti già in alcuni sigilli di Casa d'Austria e precisamente in quello duecentesco di re Ottocaro II di Boemia, in quello trecentesco del duca Rodolfo IV ed in quello quattrocentesco di Federico II. In origine il portale in campo azzurro era posto, sembra, su tre monti verdi; solo in un secondo tempo lo scudo assunse il rosso con fascia d'argento, colori propri della Casa d'Austria, ed i monti si trasformarono in onde del mare, o, meglio, del Noncello. La nascita ufficiale dello stemma così com'è ora si ha con il Diploma del 16 febbraio 1401, con il quale il duca Guglielmo autorizzava i pordenonesi a modificare il loro sigillo descrivendolo così: "...cum duabus portis aureis in scuto nostro Austriae, super unda maris...". In questo nuovo sigillo, ancora conservato, compaiono le due corone e, sui battenti e sull'arco della porta, le vocali AEIOU che, invenzione di Federico III, vengono interpretate in vari modi, come per esempio "Amor Electis Iniustis Ordinat Ultor", oppure "Austriae Est Imperare Orbi Universo", o ancora "Austria Erit In Orbe Ultima". Con il passaggio di Pordenone al dominio della Serenissima, nel 1508, la città conserva gran parte delle sue tradizionali autonomie e continua ad usare lo stemma, che viene poi confermato dalla nuova amministrazione austriaca con Sovrana Risoluzione del 7 gennaio 1840 ed anche, come abbiamo visto all'inizio, dal Regno d'Italia nel '42. Pordenone si fregiava del titolo di città e vantava il possesso di uno stemma fin dal XIV secolo, come attestano vari diplomi dei dichi d'Austria, ma ha avuto bisogno del riconoscimento ufficiale del 1840 in quanto l'ordinamento del Lombardo-veneto concedeva il diritto di usare automaticamente gli antichi stemmi solo alle città "regie" che nelle Provincie venete erano nove, mentre le altre ventidue semplici "città", fra le quali Pordenone, potevano veder confermato tale privilegio solo presentando documenti ed appropriati titoli e tradizioni. Lo stemma pordenonese è abbastanza eloquente e non avrebbe bisogno di essere spiegato. Ad ogni buon conto ricordiamo che la porta spalancata sulle onde sta a significare l'importanza della città come porto fluviale sul Noncello, porto che permetteva facili collegamenti e commerci via acqua con Venezia e l'Adriatico, mentre le due corone auree testimoniano della piena potestà giudiziaria di cui godeva. Come in ogni altra città, i destini e lo sviluppo della Comunità sono stati per lunghi anni, nel bene e nel male, nelle mani della nobiltà, prima feudale e poi di estrazione borghese, con l'affermarsi di famiglie che emergevano per i loro meriti e le loro attività. A Pordenone al nucleo iniziale di famiglie nobili più antiche, come quelle dei Popaite, Silarini, Ricchieri, Mantica, Spelladi, Franceschinis, de Gregoris, Prata, Fontana, Rorario, Tura, Biscotti e Crescendoli, si aggiungevano numerose altre che, nel corso degli anni, fiorivano, decadevano o si estingievano: Albertis, Amalteo, Avanzo, d'Aviano, Asteo A Zocco, Badini, Barbaleni, Basalù, Baseia, Battistini, Benvenuti, Bernardis, Bianchi, De Bollis, Bombardieri, Bonifacio, Bosati, Brunetta, Camolli, Camozzo (detti anche Capretto o Edo), Carbo, Carli, Casetta, Cattaneo, Cristofori, Comini, Cortona, Criselda, Crispini, Dato, Domenichinis, Fenicio, Ferro, Fossati, Freschi, Frescolini, Galvani, Gerardi, de Lauttis, Lorenzini, Malossi, di Maniago, Marchetti, Marini, Marone, Medicis, Meduna, Michelin, Milesi, Mottense, Montereale-Mantica, Natalis, Nerlis, Novelli, Onofris, Patavino, Pera, Pinali, Pittoni, Policreti, Polinoro, Pomo, Porta, de Quechis, Ragogna-Torre, Ravenna, de Renaldis, Rossi, Rossitis, Sacchinese (detti anche Regillo), Savini, Sbrojavacca, Scotti, Serrario, Tengolo, Tiberone, Tinti, Todeschini, della Torre, Ungrispach, de Valle, Villalta, Volpini, Zaffoni, Zanchi, Zoppola... Oltre a tutte queste, infine, vanno ricordate anche altre famiglie di nobile lignaggio che, pur non avendo i titoli, per fare parte del Consiglio della Magnifica Comunità, risiedevano in città e partecipavano attivamente alla sua vita economica, culturale e sociale, come gli Altan, Amman, Aprilis, Concina, Correr, Dolfin, Dominin, Emiliani, Farlatti, Fiano, Floridi, Formentini, della Frattina, Gabrieli, Gozzi, Loredan, Madrisio, Ottoboni, Panciera, Porcia, di Prampero, Priuli, Querini e Varmo.