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Il toponimo è la testimonianza più eloquente dell'insediamento romano presente sulla collina. Si compone del termine latino "villa", cioè residenza di campagna o fattoria con podere, e dell'aggettivo " magnus-a-um", cioè grande, importante. Nella bolla di Papa Nicola II del 1059 si parla di "castellum de villa magna", mentre nel 1308 è citata "villa Majna". Dopo la decadeza romana ci fu l'avvento dei monaci benedettini, che nell'870 abitavano il convnto di San Severino. Mulini e frantoi si costruirono lungo le sponde dissodate delle valli dei fiumi Foro e Serrepenne: così il fertile territorio villamagnese tornò ad essere popolato e floride rifiorirono agricoltura e pastorizia. Nel sec. XII il monastero della località era sottoposto al cenobio di San Liberatore a Majella, di Serramonacesca. Con la decadenza di quest'ultimi, il vescovo-conte di Chieti si impossesò del centro con il favore dei Normanni; egli costruì la sua residenza a ridosso della parrocchia, su quello che probabilmente in epoca longobarda era stato il "castellum", a sua volta costruito sui resti di un edificio romano. Nel sec. XIII, la borghesia locale e la nobiltà mostrarono insofferenza verso il potere vescovile, finchè nel 1272 ci fu la ribellione dell'arciprete e di alcuni nobili. Solo nel 1450 la demanialità fu attuata. Nel 1461 Re Ferrante d'Aragona donò villamagna alla città di Chieti; quest'utima era spinta ad ampio sviluppo demografico ed economico-giurisdizionale, in seguito a speciali elargizioni regie che miravano a limitare l'autonomia comunale della città dell'Aquila per favorire lo sviluppo delle principali città abruzzesi. Nel 1525 Carlo V la infeudò ad Antonio di Sava, mentre nel 1567 Filippo II la diede ad Agostino Scipioni che fu nominato Barone di Villamagna. Il vescovo teatino fra Filippo Valignani, un tempo propietario di tutto il centro, conservava ampi possessi ed il bel palazzo vescovile, in cui risiedeva durante i suoi soggiorni estivi. Si viveva quindi a quel tempo una doppi feudalità: l'una avallata dall'autorità regia e l'altra dal vescovo teatino.Nel 1727 il vescovo teatino concesse a D. Giuseppe de Palma de Artois in enfiteusi il Palazzo Vescovile.Nel 1800 Villamagna apparteneva al duca Caracciolo di Gessopalena. La popolazione di Villamagna è stata da sempre costretta a difendersi dalla costante menaccia delle invasioni turche, essendo uno dei centri della vallata del Foro più esposti al pericolo "che veniva dal mare". Da tranquilla "villa" romana,già luogo di mercati e incontri della gente del luogo, dopo la caduta dell'mpero Romano, Villamgna dovette fortificarsi con palizzate e rudimentali mura. Con l'arrivo dei Benedettini nel IX secolo, la posperità agricola e commerciale si accrebbe, così come il pericolo dei saccheggi: non è un caso se la titolazione del monastero fu fatta a San Severino, santo che in vita si oppose al nemico (lungo il Danubio fermò un'orda di selvaggi che portava distruzione e saccheggi) e che poteva essere invocato nelle lotte antisaracene. L'impianto urbanistico fu fortificato con il "castellum" nel sec. XI, frutto della trsformazione del piccolo centro agricolo in una roccaforte inespugnabile. Con la decadenza benedettina il culto antisaraceno di San Severino si affievlì e crebbe invece quello di Santa Margherita (si racconta che alle porte della città ella riuscì a fermare i turchi invasori). La minaccia turca ebbe il suo epilogo nel 1566.