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La posizione di Pettorano sul Gizio rivela una scelta insediativa condizionata da precise necessità di "difesa" che, all'epoca medievale, dovevano essere soddisfatte. Il nucleo antico sorge su un promontorio detto La Guardiola, "difeso" naturalmente dal fiume Gizio e dal torrente Riaccio. Nella parte più elevatadel promonorio venne costruita una torre a "puntone" attorno alla quale, successivamente, si costruì un recinto fortificato utile a proteggere la popolazione da attacchi bellici o predatori, ma anche ad intimidire con la mole fisica ed edilizia chi transitava nella valle del Gizio. Il luogo rispondeva pienamente alle esigenze difensive che durante l'incastellamento dei secoli XI e XII contribuirà non poco al successo dell'inurbanamento e alla crescita urbanistica; è certamente in epoca federiciana che Pettorano torna frequente nelle cronache per essere legata al destino di Corrado di Lutzelhardt e per essere tale centro urbano ritenuto di enorme importanza strategica da Federico II di Svevia all'atto della sua riconquista dell'Abruzzo. Il palazzo ducale si caratterizza per una certa austerità architettonica che, seppure deturpata da inerventi superfetativi dell'Ottocento, ne rivela l'originario ruolo difensivo e politico legato alla famiglia dei Cantelmo. La struttura urbana assume la sua forma attuale nel tardo Medioevo quando fu costruita la cinta muraria con le sei porte (Portareale o Delle Manere o di Cencio, Porta S. Nicola, Porta Mulino, Porta S. Marco o delle Macchie, Porta delle Frascare o di S. Margherita e Porta S. Antonio o Ciminello). E' sulla struttura urbanistica mediovale che nei secoli XVI, XVII e XVIII si attuò un fanomeno di sostituzione edilizia, con la demolizione e ricostruzione in sito di diversi edifici con caratteri architettonici tardo-rinascimentale e barocchi. Tra gli antichi reperti archeologici di Pettorano di grande valore è senza ogni dubbio il frammento in greco dell'Edictum de pretiis rerum venalium, emanato nel 301 d.C. dagli imperatori Diocleziano e Galerio per l'oriente e da Massimiano Erculeo e Costanzo Cloro per l'occidente. Questo frammento in greco, l'unico dell'editto in tutto l'occidente, è stato rinvenuto nel 1933 in una casa privata, e l'insigne studiosa di epigrafia greca, Margherita Guarducci, dopo averlo analizzato scrisse nel 1940: "la località italiana che ha avuto l'onore di restituire il primo frammento occidentale dell'Editto è un paese degli Abruzzi: Pettorano sul Gizio". La stessa Guarducci e M.H. Crawford hanno a lungo dibattuto sulla origine di tale frammento: la Guarducci propendeva per una origine italica, il Crawford per una origine greca. È sicuro che il frammento dell'Editto di Diocleziano non è un prodotto locale: quasi sicuramente è stato portato a Pettorano nel corso del XIX secolo.