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Maida sorge in una posizione centrale nella penisola calabrese dove il mar Tirreno e il mar Jonio si avvicinano fra di loro creando i due golfi: quello di Squillace a est e quello di Sant’Eufemia a ovest. Questo istmo molto probabilmente fu abitato fin dai tempi antichissimi, forse prima ancora dell’età del rame e del bronzo. Successivamente la terra del comprensorio di Maida fu invasa da gente indoeuropea, Greci, Germani, che si sostituirono agli abitanti italici. Questa invasione durò per tutto il II° millennio a. c.; in questo periodo si stabilirono in Calabria gli Enotri. All’inizio del I° millennio a. c. una nuova invasione di popoli indoeuropei e i Siculi che si trovavano in Sicilia, portarono nella nostra terra la conoscenza dell’uso del ferro. Nell’ottavo-settimo secolo a.c. in Calabria sbarcarono i Greci. E’ di questo periodo la nascita in Calabria di splendide città. L'antico stabilimento termale “Acque Angae o Anniae” testimonia che alla dominazione greca seguì quella Romana in seguito al cui crollo si ebbe un lungo periodo buio su tutti i fronti. Nel frattempo Longobardi e Bizantini lottavano per impadronirsi della penisola e probabilmente, verso il III° secolo, questi ultimi vi posero il loro presidio, danno vita ad un borgo fortificato che si presume avesse il nome di Mag(h)ida. Di tale periodo si ricordano soprattutto le feroci scorribande Saracene. Intanto i Normanni giungevano in Italia; Roberto il Guiscardo, giunto in Calabria, dopo aver conquistato Reggio si fermò due giorni a Acconia dove intavolò delle trattative di pace con Nicastro e Maida, che erano sotto il dominio dei Saraceni; in seguito, nel luglio del 1057, le due città riconobbero il dominio Normanno. Dopo varie vicende, nel 1096, il nipote Boemondo salito al trono del regno, parte per le crociate. I suoi domini vennero lasciati sotto il controllo di gente locale fidata e Maida cadde ben presto sotto il dominio del conte Ruggero che aveva nel paese molti seguaci. Ben presto declinavano fortuna e potenza di tale stirpe feudataria angiona, mentre all’orizzonte sorgeva la signoria della famiglia Marzano, susseguita poi dai Caracciolo che guidarono il paese fino al 1464, anno in cui comincia il II° periodo demaniale al comando degli Aragonesi. Nell’ottobre del 1496 Federico d’Aragona salito al trono aggregò al feudo di Maida la terra della Mocata (Lacconia); tutto ciò avvantaggiò di fatto i maidesi specie dal punto di vista economico-fiscale. Per far far fronte alle incursioni saracene vennero edificate lungo le spiagge numerose torri di avvistamento e segnalazione. Nel 1604 Maida e Lacconia furono vendute al duca di Feroleto, Ferrante Caracciolo. In questo turbinoso mutare di feudatari le condizioni del feudo andarono man mano peggiorando, le campagne erano battute da malviventi ai quali spesso i Signori locali non riusvivano a tener testa. Morto Ferrante Caracciolo nel 1607 le terre passate alla sorella Isabella Caracciolo furono vendute a Marcantonio Loffredo con tutti i suoi casali. Fu questo uno dei periodi più difficili per il nostro paese, il Loffredo s’interessò solamente dei suoi affari arricchendosi con qualsiasi mezzo. Il suo dominio fu segnato dal tragico terremoto che colpì la Calabria centrale con conseguenze disastrose specie per l'economia. Alla morte Loffredo gli successe il nipote sordo-muto Giovanni, sotto le veci del padre e successivamente della sorella principessa di Valle. Si cercò di dare un nuovo slancio all’economia del feudo con la costruzione di canali irrigui, mulini ed acquedotti. Nel 1663 la vendita del feudo da parte della principessa di Valle fu impedita dai creditori che ne reclamavano la messa all’asta. Esso venne acquistato da Fabrizio Ruffo succeduto poi dalla nipote Ippolita la quale essendo cresciuta a Maida ed educata presso S. Veneranda protesse molto i suoi concittadini. La sera del 28 marzo 1783 un forte terremoto distrusse il castello il convento di Gesù e Maria e parte dell’abitato di Maida. Quelli che però continuavano a dettare legge nel feudo di Maida erano i membri della famiglia Farao. Fu in questo periodo che in Maida crebbe fortemente l’idea di una terra senza feudatari. Gennaro Partitario costituì in Maida una loggia chiamata “la fratellanza italiana” di chiare idee massoniche e successivamente trasformata verso la fine del secolo in un circolo giacobino da un certo Jerocades. Tra il dicembre 1798 ed il gennaio successivo la rivoluzione francese faceva il suo ingresso in Napoli con le truppe del generale Championnent spodestando Ferdinando. A Maida giungevano notizie da Giuseppe Farao Luigi Fabiani e da Mariano Maiolo che in quel periodo si trovavano a Napoli. L’esaltazione per la libertà e la rivoluzione portò alcuni nostri concittadini capeggiati da Paolo Adilardi e Giuseppe Brunini a piantare in piazza l’albero della libertà, l’esaltazione fu grande quando alcuni posero nelle braccia della statua di S. Francesco di Paola uno stendardo repubblicano. In questo periodo così pieno di fermenti, la corte borbonica rifugiata in Sicilia, non pensava alla riconquista del regno che fu invece ideata e condotta da un calabrese: Il Cardinale Fabrizio Ruffo. Questi era sceso in Bagnara accolto con pazza gioia dalla plebe. Il Ruffo reclutate le sue truppe tra gente di malaffare di malvagi uscì da Bagnara assoggettando le terre senza guerra, ma solo per grido fino a Mileto. Monteleone capitolò dopo una strenua resistenza. La sera del 28 Febbraio 1799 il cardinale entrò in Vibo fugando ogni possibile idea di libertà. Il 6 Marzo il cardinale con al seguito la sua accozzaglia fece ingresso a Maida. Al grido di “viva il re” “morte ai giacobini” la feccia della plebaglia incominciò a scorazzare per il paese …tirando a balconi dei palazzi delle schioppettate ai benestanti. Il cardinale rimase nel nostro paese 3 giorni ripristinò le vecchie magistrature, promettendo ai sacerdoti la ricostruzione delle chiese la restaurazione di conventi e la reintegrazione di tutte le congregazioni. Il prelato riceveva il basso popolo gratificandolo e benedicendolo. Alcuni maidesi vollero seguire il Ruffo. Impose il pagamento di 4000 ducati ai galantuomini giacobini addossandone 1000 solo alla famiglia Brunini (punita per avere il suo capo posto la bandiera repubblicana nelle mani di S. Francesco di Paola) la vittoria del Ruffo permise ai Borboni di riconquistare la maggior parte del loro regno ed ad arrestare l’orologio della storia. Ma il 23 gennaio 1806 Napoleone poneva sul trono del Regno delle Due Sicilie il fratello Giuseppe , mentre Ferdinado IV e la sua corte fuggivano alla volta di Palermo. Ma già nell’animo de’ Calabresi era scoppiata tanta inimicizia contro i Francesi, che al loro apparire, i cittadini disertavano le ville, ed i popolani dato piglio alle armi, assalivano alle spalle le ultime fila delle colonne francesi, ammazzando i soldati ritardatativi. In questo periodo Maida visse un’altra pagina importante della sua storia. Il 4 Luglio 1806 gli inglesi comandati da Sir John Stuart affrontano nella piana antistante Maida le truppe del generale Reynier sconfiggendole. Il comandante Stuart nominato Conte di Maida si fermò nel nostro paese per pochi giorni dimorando nel Palazzo Vitale. In quest’anno il comune dovette provvedere ad ospitare le truppe di passaggio e ad imbandire pranzi per gli ufficiali. Fu durante la battaglia di Maida che l’animo altruista dei maidesi si manifestò aiutando e medicando i feriti della battaglia. Ben presto i Francesi ripresero il controllo della situazione ma, caduto Napoleone la restaurazione riportò i Borboni sul trono di Napoli. Nei primi decenni dell’Ottocento l’istruzione fu affidata al canonico della collegiata di S. Maria Cattolica, Don Giovanni Cervadoro, singolare educatore, patriota, politico e massone. In questi anni fiorirono le associazioni carbonare e massoniche e, col passare del tempo, quelle mazziniane della “Giovane Italia” che ridestarono, negli animi dei maidesi l’anelito alla libertà ed all’unità d’Italia. Il 29 Agosto 1860 Maida salutò l’ingresso di Giuseppe Garibaldi. Più d tremila armati raccolti a Maida,il cui valore Garibaldi ricordava nel suo esilio di Caprera, lo seguirono verso l’ultimo baluardo borbonico. Conseguita l’unità d’Italia Maida si trovò a vivere i problemi economici e politici degli altri paesi del Sud. La terra era nelle mani di pochi latifondisti e l’unica risorsa era il fiorente artigianato. Per buona parte della popolazione, che viveva di stenti, l’unica via di scampo fu l’emigrazione in America. All’emigrazione si aggiunsero i danni provocati dalla prima guerra mondiale. Subito dopo il 1922 sorse a Maida la sezione del partito fascista. Arrivò a l’illuminazione elettrica e partirono volontari per la Spagna e l’Africa orientale. Durante la seconda guerra molti maidesi morirono sul campo ed i loro nomi, accanto a quelli dei caduti durante la prima guerra, vengono ricordati sulle lapidi del monumento ai caduti. Liberata l’Italia, gli alleati su proposta dei concittadini nominarono sindaco il colonnello Ferdinando Fabiani. Il 10 Marzo 1946 furono svolte le prime elezioni amministrative libere del nostro paese a cui seguirono quelle governative ed il referendum del 2 giugno 1946 in cui Maida risultò essere fra i pochi comuni del Sud a preferire la Repubblica. Negli anni cinquanta e sessanta si riaffacciò il fenomeno dell’emigrazione che spopolò il paese segnando la fine dell’artigianato.