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E’ situato sulla via Appia dell’antica Roma. Il più antico documento che ha notizie del paese è la Bolla papale di Callisto II, redatta nel 1123, dove viene indicato con il nome di "Crassanum"; mentre dal Registro Angioino di Basilicata del 1280 si apprende che era un "casale" appartenente a Tricarico. All'inizio del 1300 il feudo di Grassano fu donato dai Signori di Tricarico all'Ordine Gerosolomitano, detto anche dei Cavalieri di Malta, che lo possedette fino all'inizio dell'800. Divenne una delle più importanti Commende dell'Ordine Gerosolomitano di Basilicata, tant’è che dalla Commenda di Grassano dipendevano ben 17 Grancie site in vari paesi lucani e pugliesi. I Cavalieri di Malta tenevano la giurisdizione civile, mentre quella penale era dei Sanseverino e dei Revertera di Tricarico. Quest’ultima in seguito passò al principe di Bisignano, ai De Novellis e ai Revertera di Salandra. Nel Cinquecento, nel Seicento e nel Settecento ebbe un periodo di ricchezza e raggiunse con l’amministrazione dei Commendatori (fino al 1797) una certa autonomia; s’ingrandì per il notevole incremento demografico, dovuto all’immigrazione dai paesi limitrofi. Nel 1799, al tempo della proclamazione della Repubblica partenopea, il grassanese Francesco Saverio Caputi fu membro supplente del governo provvisorio della repubblica e, dopo la caduta della stessa, ben dieci grassanesi furono condannati all’esilio. Nel 1861, subito dopo l’unità d’Italia, insofferente dell’ingiusto peso fiscale, l’intera popolazione cacciò al grido di “Viva Francesco I”, le guardie nazionali a fucilate dopo averle disarmate. Nell’Ottocento la zona boscosa del territorio fu facile nascondiglio per i briganti, ma i grassanesi riuscirono a catturare la banda del feroce Mattia Maselli. Durante il fascismo fu terra di confino ed ospitò Carlo Levi, il medico pittore e scrittore che ha immortalato questa città nei suoi quadri e nel libro “Cristo si è fermato ad Eboli".