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Parlando dell’etimologia del nome geografico "Tito", Ovidio afferma che deriva dal verbo difendere, tutelare e significa «tutelato», in merito alla privilegiata ubicazione del paese. Uno dei pochi centri abitati della Lucania non posto sulle dorsali di più o meno aspre giogiaie, se non addirittura sulle cime di impervi monti, è il vallivo Tito, irrigato, nella sua parte più antica, da un fiume a carattere torrentizio detto Delle Noci, o più semplicemente Noce. Il nucleo originario sorgeva in luogo molto più elevato, a nord-est del Monte Carmine, abbandonato poi dai primitivi abitatori per eventi bellici disastrosi che determinarono la distruzione totale del paese e dell’antico castello che ivi sorgeva. Quì fu fondata la nuova terra di Tito che, poi, distrutta Satriano sotto la regina Giovanna Il, si accrebbe di popolo. Durante l’invasione dei Goti nell’Italia meridionale che durò dal 429 al 566 d.C., molti abitanti di Tito si rifugiarono nella vicina città di Satriano, in quanto essendo la località fortificata, come dimostrano gli avanzi della torre quadrata che si direbbe etrusca ma che dalle feritoie e dalla costruzione si rileva che è opera medievale, offriva loro sicuro asilo e protezione. Della originale fortificazione ivi sorta avanza oggi una torre con mura spesse circa due metri, cinta di fossato e di antemurale. La serie dei Vescovi di Satriano ha ufficialmente inizio con Pietro (1179) e termina con Frate Cherubino da Gaeta (1521), con venti Vescovi in tutto.