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(Caro et vellus = carne e lana) in provincia di Potenza, è il malleolo della penisola ed è posto in una fertile vallata, bagnata dalle acque del fiume "La Terra", in un mare di verde, circondata da fitti boschi di faggio, degradanti dal Volturino, la cima più elevata dell'Appennino Centrale Lucano (m. 1.836). L'estensione del comprensorio è di 105 Kmq. L'abitato si snoda in forte salita, per un percorso contorto, interessante per vicoli stretti e piccoli larghi. Si sale dai circa 600 mt. del Piano, ai 730, con pendenza di oltre il 15%. Per il corso Garibaldi e piazza Sedile, ci si inerpica per via Concezione fino alla vetta, ove sono posti la Chiesa di San Nicola e il "Castello". Subito dopo piazza Sedile, ci si imbatte nella Chiesa di San Francesco di Paola che è di proprietà privata, ma aperta al pubblico. E' del 1717, come rilevasi da uno stemma con la data, posto sul timpano dell'edificio. Il sisma del 1980 l'ha gravemente danneggiata, finalmente dopo tanto tempo sono iniziati i lavori di riparazione. La statua del Santo, titolare della Chiesa, una grossa scultura lignea di notevole pregio, è custodita dai proprietari. Le origini di Calvello risalgono a prima del 1170, al tempo in cui San Giovanni da Matera mandava i suoi seguaci, raccolti nella Congregazione Benedettina Pulsanese (da Pulsano presso Foggia-Montesant'Angelo nel Gargano), da lui fondata, per le nostre valli, a cantare tra i silenzi e tra il verde, le lodi a Dio e, a strappare alla terra dura ed avara, il pane per la vita. I monaci fondarono due grossi Cenobi: l'uno di San Pietro "A Cellaria- o Cellularia o Uccellaria", ora scomparso; l'altro di Santa Maria "De Plano", tuttora esistente, ma fortemente rimaneggiato, del quale rimane, nelle sue purissime linee romaniche, la Chiesa, per quanto resta della navata centrale.Di grande interesse sono i due portali e una statua lignea dorata, bizantina, raffigurante la Vergine seduta col Putto benedicente fra le ginocchia. Intorno a questa Abbazia, degradando nella vallata e su per il colle, si sviluppò l'abitato che in breve raggiunse circa 10.000 abitanti. I Monaci Benedettini edificarono anche una cappella sul Monte Saraceno, donde la denominazione del Santuario; una cima di 1.320 mt. alle propaggini del colosso appenninico, in un paesaggio quasi fiabesco, ricco di acque, meta di continui pellegrinaggi e turisti da ogni parte della Lucania e Regioni limitrofe, in cerca affannosa di silenzio e di pace, di ossigeno e riposo, lontani dal bailamme e dalla confusione di un mondo che li strozza; all'ombra di uno sprazzo di cielo puro, che continua a ripetere, dall'alto del caratteristico tempietto, ove sorride la Gran Madre di Dio, i valori intramontabili ed eterni dello Spirito. Le costumanze caratteristiche del paese sono: le processioni serali della vigilia delle feste patronali con l'accensione dei "f' ocanoi" al passaggio dei simulacri; la festa dei galli il 17 gennaio e i pellegrinaggi al Santuario del Monte Saraceno che si rifanno ai tempi dei monaci Benedettini. Attualmente le fitte boscaglie che circondano l'abitato fino a lambirne i margini, ricche di selvaggina, di sorgenti e di ombreggiate radure, sono attraversate da strade che ne permettono un facile accesso e offrono un paesaggio "svizzero" estremamente suggestivo.