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La storia di questa città subisce una cesura definitiva quando nel 1155 il Barbarossa la conquistò e la distrusse. Fu un avvenimento celebre se ancora un secolo e mezzo dopo lo rievocava Dante e se meritò di essere evocato in un affresco nella Sala Maggiore del Palazzo Ducale di Venezia, dove fu poi ricoperto successivamente. Che dimostra questo episodio? Due cose: Spoleto era allora città ricca ed importante e certamente già a quell' epoca si reggeva a Comune autonomo. Questa città è ben più antica di Roma, nella cui orbita entrò alla metà del terzo secolo. E proprio in quell' epoca si situa un altro celebre episodio: la resistenza ad Annibale. Il condottiero cartaginese, sconfitti i romani sul Trasimeno, avanzava senza ormai ostacoli verso Roma. Spoleto gli oppose resistenza e riuscì a rigettarlo infliggendogli perdite tali che Annibale, misurando da quella di una città sottomessa quale avrebbe potuto essere la resistenza della capitale, non se la sentì di affrontare Roma e preferì deviare verso il Piceno e la Puglia. L' episodio è stato cantato dal Carducci e l' immaginario cittadino ha dato alla torre che si eleva nei pressi della porta Fuga, il nome di Torre dell' Olio, quasi che con questo pregiatissimo prodotto locale, gettato bollente dalle mura sull' esercito cartaginese, ne fosse derivata la sconfitta e la fuga del nemico. Spoleto era già a quell' epoca una città munitissima (di oltre due chilometri è la cinta di mura risalenti al VI-V secolo a.C.) e florida. Divenuta municipio romano, Cicerone la qualificò "in primis firma et inlustris", ed era considerata una "nostra suburbanitas" dai ricchi romani, che avevano ville nei dintorni dove abbondavano le acque. Sono di quell' epoca un arco dedicato a Druso e Germanico, una casa che secondo la tradizione fu di Vespasia Polla, madre di Vespasiano e altri resti. A quest' epoca risale anche la tradizione teatrale spoletina, che vanta un ampio teatro del I secolo ed un anfiteatro (purtroppo irrimediabilmente danneggiato da saccheggi) costruito un secolo dopo. Teodorico si preoccupò di risanare i luoghi paludosi della valle del Clitunno; da quell' epoca, dunque, la bonifica di questa valle è sempre stata ed è tuttora prerogativa di Spoleto. Il terzo caposaldo della storia spoletina è il ducato longobardo. E' una storia plurisecolare, che vede queste città molte volte al centro delle vicende politiche di questo popolo e anzi spesso in contrasto con Roma, tanto che influì sulla decisione del papa di rivolgersi ai franchi contro gli stessi longobardi. Il ducato era esteso dall' adriatico al Tevere, spezzando in pratica l' unità dell' Italia bizantina. Dopo i longobardi passò ai franchi: e il duca Guido, imparentato con i Carolingi, tentò in Francia di ottenere la corona imperiale; non essendoci riuscito tornò in Italia e, sconfitto Berengario, cinse nell' 889 la corona reale, ottenendo successivamente nell' 891 che il papa lo incoronasse imperatore. L' anno dopo Guido si associò come co-regnante il figlio Lamberto, che rimase poi unico imperatore dopo la morte del padre nell' 894. Nei brevi anni del suo impero, egli pare abbia concepito un programma di restaurazione, troncato dalla morte immatura nell' 898. La corona imperiale, dopo questo decennio spoletino, emigrava definitivamente dall' Italia e Spoleto rientrava nella soggezione all' Impero. Dopo l' episodio del Barbarossa, il quale poi si riconciliò con Spoleto donandole, secondo la tradizione, una icona bizantina, sempre molto venerata nel Duomo della città, Spoleto perse gran parte della sua importanza ed entrò definitivamente nell' orbita dello Stato della Chiesa. E qui si incontra un altro episodio decisivo della sua storia. Il destino della città, doveva compiersi ad opera del cardinale Albornoz, che la prescelse quale caposaldo strategico per la riconquista dello Stato Pontificio e vi ordinò nel 1362, commettendola a Matteo Gattaponi, la costruzione della Rocca, cuore di un formidabile bastione difensivo che include anche il celebre Ponte delle Torri, ammirato dal Goethe; dalla fine del XIV secolo la Rocca divenne ambita sede dei rettori del ducato, scelti di norma tra i parenti più stretti e fidati dei papi. Particolarmente importanti la serie dei Tomacelli e quella dei Borgia, tra i quali la celebre Lucrezia nel 1499. Durante tutto il XV secolo e nel successivo, nella Rocca sostarono di frequente i papi, provvedendo ad abbellirla ed arricchirla. Ma ormai la decadenza della città quale centro di potere politico si andava accentuando e dall' epoca di Pio IV i rettori non furono più scelti tra i parenti dei papi, ma in genere tra ecclesiastici di rango elevato (ricordiamo tra questi Federico e San Carlo Borromeo), i quali governarono quasi sempre a mezzo di loro luogotenenti. Seguirono secoli di lenta, forse inavvertita decadenza, nonostante che Spoleto rimanesse pur sempre tra le prime città dello Stato Pontificio, quale sede della piccola corte del rettore e capoluogo di quell' organismo amministrativo che ancora si chiamò, fino agli inizi del XIX secolo, "Umbria, overo Ducato di Spoleto". La conquista francese infranse questa vita patriarcale: Spoleto visse dal 1809 al 1815 l' ultimo periodo di grande prestigio, quando fu capoluogo del dipartimento del Trasimeno, che abbracciava tutta la vasta regione da Rieti a Perugia. La città fu animata come da nuovo vigore e da un' ansia di rinnovamento politico e sociale e di espansione edilizia: vitalità nuova che non doveva poi estinguersi del tutto anche dopo il ritorno della dominazione pontificia. La città, rimasta capoluogo di delegazione apostolica, fu tra i maggiori centri dell' attività liberale, alimentata da figure di patrioti di rilievo nazionale, quali Pompeo di Campello e Luigi Panciani. Il Campello assunse la presidenza della effimera giunta rivoluzionaria nel 1831, quando l' arcivescovo spoletino Mastai Ferretti, il futuro Pio IX, fu costretto ad abbandonare la città; egli fu poi ministro delle armi del governo Mamiani e successivamente del governo rivoluzionario del 1848. In quell' anno Luigi Panciani era gonfaloniere e, dopo aver concorso alla difesa della Repubblica romana, conobbe l' amarezza dell' esilio, donde tornò per sostenere l' impresa dei Mille con il progettato sbarco nell' Italia centrale, che egli doveva capeggiare; svanita l' impresa, egli tornò in esilio e rientrò in Italia solo dopo la proclamazione del Regno, per combattere a fianco di Garibaldi le ultime battaglie fino alla conquista di Roma, della quale fu poi, nel 1871, nominato primo sindaco. Spoleto fu conquistata dall' esercito piemontese il 17 settembre 1860, ma proprio in quell' anno la città subì la più dolorosa mutilazione della sua storia, perchè nell' affrettato riassetto amministrativo le fu tolto il rango di capoluogo di provincia. A questo punto la storia diviene cronaca e si delineano i contorni della città attuale. Nonostante la mutilazione decisiva, nel periodo tra l'Unità e la prima guerra mondiale, Spoleto costituisce il classico esempio di una città minore italiana, nella quale una equilibrata presenza delle tradizionali componenti, sociale, burocratica, culturale, ecclesiastica, commerciale, industriale, crearono ottime condizioni di vita e ne fecero un centro gradevole e ricercato. La Sottoprefettura esercitava, in qualche modo, ancora un potere di attrazione sia pure su un territorio molto ridotto; la Corte di Assise ed il Tribunale, che allora era tra i maggiori d' Italia per il vastissimo territorio di giurisdizione che includeva anche terni e la conca ternana, si giovava di un foro che godeva grande reputazione anche fuori della regione umbra; il Reggimento di fanteria e il Distretto Militare, cui più tardi si aggiunsero la Scuola Allievi Ufficiali di complemento e addirittura il comando della Brigata "Alpi", facevano di Spoleto un importante centro militare del Paese. La grande guerra 1915-18 ed i rivolgimenti che seguirono non giovarono a Spoleto. Nel periodo fascista iniziò un esodo inarrestabile, soprattutto verso Roma e fu dolorosa emorragia, non tanto di ceti operai e contadini, quanto di quelle forze vive della borghesia che avevano costituito la struttura portante della città. Ridimensionata la circoscrizione del Tribunale, spento per sempre il sogno del recupero della provincia con la soppressione addirittura della Sottoprefettura, i sintomi della decadenza apparvero chiari soprattutto nella stasi della vita cittadina, nell' impigrimento delle iniziative, nell' assenza di un nuovo sviluppo urbano e soprattutto nella conseguente sempre più affievolita "presa" sul territorio circostante, che aveva nel corso di tanti secoli alimentato una importante e qualificata immigrazione in quello che era il tradizionale capoluogo dell' Umbria meridionale.