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Sant'Arcangelo, cittadina di circa 7000 abitanti, sorge sulla destra dell'Agri, su una collina che, nel punto più alto, arriva a 388 m. sul livello del mare. Nella zona sottostante, ai piedi delle bianche argille sulle quali si adagia l'abitato di Aliano, si apre la stupenda media valle dell'Agri, fertile da sempre e nota, una volta, in tutta la zona per i suoi verdi “giardini” cioè gli orti ove si produceva la frutta più pregiata di tutta la Regione (soprattutto i “percochi”, pesche duracine settembrine dalla polpa gialla) e ortaggi diversi, tra cui i bellissimi pomodori da insalata. La valle (irrigata per secoli da una fittissima rete di canali capillari, che raggiungevano, ricchi di gamberi, di rane e di anguille, ogni singolo appezzamento di terreno, e oggi molto impoverita per vari guasti e per mancanza di manodopera) si spera che ritorni presto all'antica ricchezza quando, terminati i lavori ancora in corso per l'impianto moderno, razionale sistema di irrigazione a pioggia, attiri di nuovo i giovani a riprendere, con tecniche moderne e nuovi mezzi di produzione, l'antico lavoro dei padri. Sull'origine di Sant'Arcangelo si sa poco. Forse il paese fu costruito sulle colline che guardano a mezzogiorno e a ponente, dai Longobardi di Benevento intorno alla metà del sec. VII, come proverebbe lo stesso nome, che (insieme con altri che si rifanno al nome dell'Arcangelo Michele) fa pensare al Santo protettore dei Longobardi; ma nella toponomastica locale e nello stesso dialetto del paese ci sono molti riferimenti alla lingua, alla civiltà e alla religiosità greco-bizantina. Bisogna ricordare, inoltre, che un'antichissima, continua tradizione locale parla di una “città” che nei tempi lontani sarebbe esistita a poca distanza dal vecchio centro storico, lì dove, da un cinquantennio, è sorto il nuovo polo di sviluppo del paese, la contrada di S. Brancato: numerosissime tombe e ricchi reperti archeologici trovati in vari luoghi, soprattutto nella zona denominata “il mulino”, confermerebbe questa opinione. Sant'Arcangelo è ricco di notevoli opere d'arte: la Chiesa Madre, con una bellissima statua lignea della Madonna con Bambino, del tipo detto “Kiriotissa”, risalente ad epoca angioina; la Chiesa del Convento, con lo stupendo polittico, a 13 riquadri, dell'altare maggiore, attribuito a Giovanni Bernardo Azzolino, e tre tele di Pietro Antonio Ferro; il convento di Orsoleo. Il complesso monumentale di S. Maria di Orsoleo (forse il più bel monumento barocco di tutta la Regione), sebbene, purtroppo, depredato di molti beni, è ancora ricco di molte cose belle: lo stupendo altare maggiore di stile fanzaghesco, il grande ciclo di affreschi rinascimentali firmati da Giovanni Todisco, il grande coro ligneo della prima metà del 600, sovrastato dalla ricchissima “Gloria” della cupola, l'antica statua lignea della Madonna, che, se veramente risale al sec. XIII, è fra le più antiche statue sacre di tutta la Regione. A qualche chilometro dal paese, in piena campagna, si ergono imponenti, nel verde dei celebri orti, le così dette “Mura dei giardini”, che sono le rovine dell'antico “Palazzo” (com'era segnato sulle vecchie carte della Regione) costruito, probabilmente, nel secolo XIV, dai signori della Marra, feudatari del luogo. Era un palazzo di sogno su un'isola artificiale formata deviando il fiume. Da questo Palazzo, detto dai padroni “Viridarium”, cioè giardino, i nuovi signori, Carafa – della Marra, emanarono i “Capitoli”, fra cui il celebre 29° “Che ciascheduno padre di più figli sia tenuto mandarne due alla Scola”; fu emanato a metà del sec. XVI, ed è, forse, la prima legge, in Italia, di obbligo scolastico.