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Il paese sorge alle falde del monte Croccia, in un territorio ricco di boschi di cerri e querce di alto fusto. Oliveto Lucano è un centro esistente già dall’età normanna e il suo nome fu menzionato per la prima volta nel 1060; appartenne come feudo ai Cavalieri di Malta nel 1300, all’Ordine Gerosolimitano nel 1500 ed in seguito venne assegnato da Giovanna I d’Angiò ai Bozzuto che la passarono ai Grippini. Nel periodo di dominio aragonese fu dominato da Ferrante Diaz Garlon d’Alife e nel 1715 fu acquistato da Girolamo de Lerma, duca di Castelmezzano, i cui eredi detennero il controllo fino al 1812. In seguito, nel dominio di OLIVETO LUCANO, si susseguirono: gli Amodio, i Revertera e i Riario Sforza. Interessante, nel centro storico, è la chiesa Madre a tre navate in stile romanico dove nel suo interno si possono apprezzare tre altari in lamine di bronzo, una tela che riproduce l’immagine dell’Immacolata ed una croce astile in argento. Dell’antico castello feudale si può ammirare l’imponente portale sormontato dallo stemma dei Revertera ex proprietari. Nei dintorni si possono ammirare i pochi ruderi di un’antica città fiorita tra il VI e IV sec. a. C., quali alcuni tratti di mura ad archi e l’antica platea d’ingresso alla città. Vi sono situati inoltre anche i resti del castello e delle mura di Gallipoli de Montanea(Gallipoli Cognato), un antico fortilizio abbandonato in epoca angioina. Percorrendo i boschi circostanti si giunge alla vetta del monte Croccia, da cui si può ammirare il suggestivo panorama delle “Dolomiti Lucane” e la lussureggiante foresta di Gallipoli Cognato. Nel territorio sono praticate le attività selvicolturali effettuate nella foresta e sono anche diffusi gli allevamenti dei bovini, ovini e caprini. Una manifestazione caratteristica del paese è quella del “Maggio”, rito del culto arboreo di origini pagane inserito nella ricorrenza religiosa di San Cipriano, protettore del paese. Il “Maggio” non è altro che il fusto di un albero di cerro, che abbattuto nei boschi e privato dei rami e delle foglie, viene trainato in paese da buoi al suono di zampogne e organetti. Al “Maggio” viene unito un agrifoglio, anch’esso tagliato nei boschi, al quale vengono legati delle targhette indicanti i premi e viene eretto nella piazza del paese. Un determinato numero di cacciatori, a turno, spara per colpire la targhetta ed aggiudicarsi il premio. Se alla fine, alcuni premi sono rimasti sull’albero, sono poi i boscaioli a scalare il “Maggio” per aggiudicarsi i premi.