Le più importanti tappe della storia dell'EMILIA ROMAGNA
Preistoria e dominazione romana
Già nell'era preistorica, in cui i gruppi umani si stabilizzarono sul territorio cominciando a praticare l'agricoltura, si evidenziò una linea di separazione tra due differenti aree geografiche e culturali, che hanno connotato anche le epoche storiche successive. Il fiume Panaro costituisce lo spartiacque tra le due aree: a ovest di questo, con addensamenti nei territori di Parma e di Modena, durante l'età del Bronzo, si sviluppò la cosiddetta civiltà delle terramare, caratterizzata da abitati protetti da argini di terra, da capanne su palafitte e dalla pratica della cremazione dei morti. La zona a oriente del Panaro fu interessata dalla cultura villanoviana, nella quale si registrò la transizione dagli insediamenti sparsi alle forme preurbane e ai primi collegamenti territoriali complessi: il suo nome deriva da un gruppo di tombe rinvenute a Villanova di Castenaso, nei pressi di Bologna. Verso la fine del VI secolo a.C. si irradiarono le influenze etrusche che raggiunsero le protocittà di Fèlsina (l'attuale Bologna), di Spina, centro di scambio commerciale collegato con la Grecia, e di Misa (Marzabotto). Alla metà del IV secolo a.C. l'invasione dei galli boi fece regredire l'organizzazione di impronta etrusca, ma fu ben presto bloccata dall'avanzata romana, che iniziò nel III secolo dopo la vittoria sui galli a Sentino (295 a.C.).
Muovendo da Ariminum (Rimini), fondata nel punto terminale della via Flaminia, i romani attuarono una rapida conquista che modificò in breve il territorio, a partire dalla costruzione della strada rettilinea che congiunge Piacenza a Rimini, voluta dal console Marco Emilio Lepido: lungo la via Emilia si organizzò sia la colonizzazione delle campagne sia la crescita del tessuto urbano. Grazie alla fertilità del suolo e alla consistenza demografica la regione divenne una delle terre più ricche di tutto l'impero romano. Dal punto di vista politico-amministrativo, dopo una fase in cui risultò aggregata in una sola unità militare, all'inizio del III secolo d.C. venne divisa in due aree, la prima a occidente, tra Bologna e Piacenza, la seconda a oriente lungo la strada Flaminia: quest'ultima acquisì importanza con l'imperatore Onorio, il quale, nel 402, trasferì la sede imperiale a Ravenna, la città cresciuta nei pressi dell'antico porto militare di Classe.
Dal Medioevo alle signorie rinascimentali
Sotto la dominazione longobarda (568) si approfondì la frattura tra la Romania, collegata all'impero di Bisanzio, e l'area occidentale della regione connessa alla Langobardia, tra loro separate da un confine mobile che correva tra Bologna e Modena. La successiva dominazione dei franchi comportò per la regione un'ulteriore specificazione tra la zona romagnola, donata da Pipino il Breve a papa Stefano II, e quella occidentale che si strutturò secondo il modello franco delle contee. Il dissolvimento del potere centrale, conseguente alla caduta dell'impero carolingio, determinò il sorgere di molteplici signorie, il cui ambito di sovranità però non andò al di là dei confini locali, con l'eccezione della signoria dei Canossa, che ai tempi della principessa Matilde partecipò allo scontro tra papato e impero. Durante l'età dei Comuni l'Emilia-Romagna fu una delle terre nelle quali il movimento municipalista si manifestò con durevoli conseguenze istituzionali e culturali, sottolineate dalla fondazione nel 1188 dell'università di Bologna, la prima in Europa. Al tramonto del Medioevo la regione vide l'affermarsi di signorie cittadine, che divennero il fulcro del risveglio civile e intellettuale nell'età dell'Umanesimo e del Rinascimento: i Visconti a Parma e a Piacenza, gli Estensi a Ferrara, i Malatesta a Rimini, i Da Polenta a Ravenna sono i nomi di maggiore spicco. Nel XVI secolo, superate la sfida espansionistica lanciata dalla Repubblica di Venezia e le lotte tra impero e Francia per il controllo del Nord Italia, il quadro della regione si stabilizzò in un equilibrio prettamente rinascimentale, sul quale la Chiesa esercitava una notevole influenza, diretta e indiretta. Frutto della volontà nepotistica di papa Paolo III fu il nuovo stato dei Farnese, che controllava i territori di Parma e Piacenza; la presenza papale si allargò con l'acquisizione di Ferrara nel 1598, unita alle precedenti legazioni pontificie di Bologna e Ravenna. L'equilibrio cinquecentesco rimase inalterato fino a che l'estinzione dei Farnese non creò i presupposti per il passaggio di Parma prima agli austriaci e poi, nel 1748, ai Borbone, che ne fecero le basi della loro originale politica antiecclesiastica, capace di attivare energie intellettuali reclutate nel mondo dell'illuminismo francese.
L'età contemporanea
L'esperienza rivoluzionaria e napoleonica nell'Emilia-Romagna fu il punto di partenza di un attivo movimento giacobino, coinvolto nelle diverse fasi della lotta politica e nelle trasformazioni istituzionali sperimentate nella regione (prima la Repubblica Cispadana, poi la Repubblica Cisalpina, che confluirono entrambe nella repubblica italiana e quindi nel Regno d'Italia, nel 1805, con l'esclusione di Parma e Piacenza, passate sotto il diretto dominio della Francia). Nel corso del Risorgimento l'Emilia-Romagna fu coinvolta in un'intensa attività patriottica, culminata nei moti del 1831, nelle insurrezioni del 1848 e infine nei plebisciti del 1859, con cui fu sancita l'annessione al Piemonte. Cuore del capitalismo agrario di fine Ottocento, la regione visse le tensioni e i fermenti di quella trasformazione, esemplificati dal radicamento di un associazionismo contadino a base cooperativistica, di impronta ideologica socialista e anarchica, che animò intense lotte sociali nel corso dell'età giolittiana. Nel corso della seconda guerra mondiale la regione fu l'epicentro dei violenti scontri tra tedeschi e alleati nell'ultima fase del conflitto, culminati nei combattimenti lungo la linea gotica; fu teatro altresì del movimento antifascista, le cui azioni militari furono contrastate dai nazifascisti con ogni mezzo, non ultimo le rappresaglie, delle quali la strage di Marzabotto costituisce l'episodio più drammatico. Nel dopoguerra riprese a vivere la tradizione popolare socialista, a cui i partiti operai, in particolare il partito comunista, diedero un orientamento riformistico che si espresse nella gestione di molti enti locali, divenuti punto di forza di una regione governata da maggioranze di sinistra.