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Denominata classicamente Teate, Chieti fu capitale del popolo Marrucino e, successivamente, vicina a Roma, con cui si alleò più volte contro Annibale, Pirro e Perseo re della Macedonia, a Pidna. Dopo le guerre sociali combattute nella Lega Italica, entrò definitivamente nell'orbita romana e, divenuta municipio, acquistò grande prosperità grazie, alle numerose famiglie locali legate ai circoli più in vista della capitale. Tra queste si ricordano i Vettii e gli Orsinii; un Asinio Pollione, storico e letterato, valoroso condottiero, fu intimo di Augusto e amico di Virgilio e gli si attribuisce l'apertura della prima biblioteca pubblica della storia. Risale certamente a quest'epoca la prima sistemazione urbanistica dell'antica Teate, di cui restano il tracciato viario ortogonale di alcuni quartieri e cospicui ruderi quali i Templi del foro ben conservati, una grandiosa cisterna con annesse terme, il Teatro e l'Anfiteatro, recentemente riportato alla luce. Cominciò a decadere con la fine dell'impero e, quasi distrutta dai Goti, fu vessata dai Bizantini e inclusa dai Longobardi nel ducato di Spoleto, prima, e in quello di Benevento, poi, finché divenne contea sotto i Normanni con giurisdizione su un vastissimo territorio della regione. Conobbe, in seguito, momenti di grande sviluppo con il dominio Angioino e, ancor più, con gli Aragonesi che la posero a capo di tutti gli Abruzzi, concedendole anche la facoltà di battere moneta. Nel secolo XV, infatti, Chieti vide il sorgere di numerose opere architettoniche che ne rinnovarono l'aspetto, come l'erezione della Torre Arcivescovile e l'ammodernamento delle sue principali chiese fondate nel secolo precedente: la cattedrale di S. Giustino, S. Maria della Civitella, S. Francesco e S. Agostino. È nel 600, comunque, che la città assunse la fisionomia che tuttora la caratterizza, ad opera soprattutto del potere ecclesiastico. I vecchi conventi rinnovarono il loro apparato e nuovi ordini religiosi, in gara tra loro, innalzarono imponenti edifici nel più puro spirito controriformistico, mentre si completò il grandioso palazzo del Seminario Diocesano. Giunsero a Chieti i Gesuiti e gli Scolopi che vi organizzarono importanti collegi, autentici centri di cultura, e il nome della città si diffuse nel mondo grazie ai padri Teatini di S. Gaetano Thiene, cofondatore della Congregazione omonima insieme con Giampiero Carafa, Arcivescovo di Chieti e poi papa Paolo IV. Nello stesso tempo fiorirono S. Camillo De Lellis, fondatore dei Chierici Regolari degli infermi, e padre Alessandro Valignani gesuita missionario in Cina, India e Giappone. Nel secolo XVIII la città godette di una particolare floridezza, approfittando delle riforme illuminate di Carlo III di Borbone, e partecipò al risveglio culturale nazionale aderendo all'accademia dell'Arcadia fondando una colonia denominata "Tegea" voluta e vivacizzata dal marchese Federico Valignani. Con l'unificazione nazionale, a cui Chieti partecipò con vivida sensibilità, la città acquisto un respiro più ampio che trovò campo di realizzazioni economiche e sociali di rilievo, grazie anche alla nascita delle vie ferrate e alla stazione dello Scalo, vero volano delle potenzialità presenti nella valle.