Le più importanti tappe della storia delle MARCHE
Nel territorio marchigiano è stata reperita una ricca documentazione preistorica e protostorica che ha contribuito in gran misura a renderci note le linee fondamentali delle più antiche vicende umane di questa regione: si evidenziano la presenza di alcune necropoli dell'età del Ferro, gli influssi celtici e le ragguardevoli tracce lasciate dagli etruschi e dai greci (la fondazione di Ancona, per opera dei siracusani, risale al 390 a.C.). In età preromana l'area corrispondente all'odierna regione delle Marche era abitata nella fascia costiera dai galli senoni e a sud dell'Esino dai piceni, un importante nucleo di civiltà che mantenne una propria autonomia almeno fino al I secolo a.C., quando vennero anch'essi completamente romanizzati.
Divisa al tempo del riordinamento di Augusto tra l'ager gallicus (Umbria) e l'Ager picenus (Piceno), l'area marchigiana acquisì una durevole organizzazione politica nel III secolo d.C., allorché vennero fissate due distinte province, la Flaminia et Picenum annonarium, con capoluogo Ravenna, a nord dell'Esino, e il Picenum suburbicarium, con epicentro a Spoleto. Le invasioni barbariche accentuarono il frazionamento della regione, la quale fu sottomessa al regno longobardo nell'area meridionale, mentre gli spazi settentrionali vennero integrati nelle pentapoli dipendenti dall'impero bizantino (esarcato di Ravenna).
Intanto si rafforzava la giurisdizione ecclesiastica, così che sotto il regno dei franchi si costituirono i primi nuclei del futuro stato della Chiesa, definitivamente affermatosi con Innocenzo III. Fu allora che la regione acquisì una fisionomia simile a quella della regione attuale, se si esclude la presenza di forti signorie feudali, come i Malatesta a Rimini, Fano e Pesaro, e i Montefeltro a Urbino. Si instaurò allora un rapporto conflittuale tra papato e signorie locali, nel quale si inserì il movimento comunale, che accentuò ulteriormente il frazionamento politico. L'azione unificatrice della Chiesa poté dirsi completata all'inizio del XVI secolo, periodo in cui solo il ducato di Urbino rimaneva indipendente dallo stato pontificio.
Le Marche pontificie non conobbero né contrasti né trasformazioni di rilievo durante i secoli XVII e XVIII, fino all'occupazione di Ancona (1796) da parte dei francesi e alla proclamazione, per iniziativa dei giacobini, della repubblica anconetana, che nel 1798 venne incorporata alla repubblica romana. Le Marche furono annesse nel 1808 al Regno d'Italia.
Con la Restaurazione venne ripristinato lo stato della Chiesa, ma ciò non fu sufficiente a spegnere le aspirazioni di rinnovamento, fertile terreno per la diffusione delle società segrete e quindi delle organizzazioni democratiche promosse da Mazzini. Dopo l'occupazione militare austriaca (1849-1857), le Marche furono coinvolte nella seconda guerra d'Indipendenza: la battaglia di Castelfidardo (1860), combattuta tra l'esercito piemontese e le truppe pontificie, aprì la strada all'annessione al Regno d'Italia, ratificata da un plebiscito. Nel periodo successivo all'Unità d'Italia, rimase viva la tradizione repubblicana nel nord della regione, mentre in altre zone le correnti del cattolicesimo animavano nuove iniziative politiche e sindacali. Nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale, Ancona fu al centro di un violento moto di protesta, chiamato la settimana rossa, di tono preinsurrezionale, guidato da socialisti, repubblicani e anarchici per protestare contro l'eccidio poliziesco compiuto durante una manifestazione antimilitarista. Nel corso della seconda guerra mondiale il movimento di Resistenza al nazifascismo operò nelle zone appenniniche e preappenniniche. Nel secondo dopoguerra le Marche hanno conosciuto un rapido sviluppo della piccola e media industria, accanto alla crescita di una moderna agricoltura.