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Il paese deriva il nome dalla "gens Vibia", una delle tante famiglie che nel periodo di massimo splendore della Roma repubblicana prima e imperiale poi, aggregate alla tribù Clustumina, formarono la "splendidissima colonia" della "fida Tuder" lungo le valli del Tevere e del Naia. Limitare però le origini del piccolo centro al periodo romano è fortemente riduttivo dal momento che particolarmente attiva dovette essere la vita delle popolazioni indigene ancor prima dell' espansione della civiltà romana, specie lungo le fertili vallate bagnate dal Tevere che Montecastello sovrasta, zone di transiti, di colture e di commerci che conobbero certamente anche il terrore delle truppe di Annibale quando, vincitore al Trasimeno, si dirigeva verso le gole del Forello per raggiungere Roma. L' età di mezzo ha comunque cancellato ogni traccia di quell' antico passato e Montecastello conserva ancor oggi solo la tipica struttura di un "castrum" medievale. L' essere costruito su una posizione rilevata e di dominio rispetto al fiume costituiva per la potente Todi un forte motivo per le sue ambizioni territoriali, ed in effetti esercitò il suo imperio su questo castello, nonostante i numerosi tentativi di ribellione dei suoi abitanti con conseguenti incendi, saccheggi e devastazioni. Nel 1245 Caccianemico, podestà di Todi, fece radere al suolo le mura di quel fortilizio e nel 1247 il suo successore, Tolomeo di Pietro, fece demolire i torrioni spegnendo le speranze dei castellani che vedevano nell' affievolirsi delle fortune di Federico II di cui Todi era fedele seguace, una possibilità di riscatto. Entrato dunque a far parte del territorio di Todi, venne inserito nella struttura amministrativa della città e del territorio tuderte, talchè lo troviamo inscritto nel "liber focolarium", cioè nel catasto delle famiglie del 1290 con una popolazione di 1000 abitanti. Nel 1323 la rocca venne ricostruita e registrata come facente parte del suo sistema difensivo al comando di un castellano di nomina todina. Nel 1392 vi si insedia la signoria. Bonifacio IX infatti assegna a Catalano degli Atti il territorio di Montecastello insieme con quello di Acquasparta e Sismano perchè vi esercitasse i suoi diritti di signore. La scelta del papa era determinata dalla necessità di creare un argine alla potenza di Malatesta di Pandolfo Malatesta da Rimini che proprio in quell' anno si era fatto signore di Todi e che di fatto, preso Catalano prigioniero, lo fece decapitare nella rocca di Orte. La di lui moglie si pose allora alla testa dei fedeli montecastellesi che insieme con gli abitanti di Fratta Todina il 12 gennaio 1394 si ribellarono, pur senza fortuna, al signore di Rimini cosa che ripeterono con grande coraggio nel 1398 contro il nuovo signore di Todi, Biordo Michelotti. La famiglia degli Atti vi si insediò stabilmente solo dopo il 1409 e vi restò fino al 1464 quando Montecastello passò sotto il diretto dominio della chiesa dalla quale Todi lo ebbe in vicariato nel 1475. Il carattere fiero dei montecastellesi però tornò a prevalere e di nuovo ostilità e disordini insorsero tra la città dominante ed il piccolo castello dominato, al punto tale che Todi fu costretta, per domarne lo spirito di indipendenza, a proclamare un bando con il quale il paese veniva escluso da qualunque tipo di scambio commerciale. Nel 1565 infine Todi dovette addirittura ricomperare il paese dalla Camera apostolica e dal 1596, anno in cui il dominio appare definitivamente consolidato, per due secoli Montecastello ritorna ad essere parte integrante del comitato tudertino. In epoca napoleonica conobbe il periodo del riscatto e del massimo splendore, allorchè divenne capocantone amministrativo di un vasto territorio compreso tra il Tevere ed Orvieto. Investita dal vento delle nuove idee, la comunità si aprì a nuove iniziative, la più duratura delle quale fu quella che tra il 1807 e il 1808 dette vita al "Teatro della Concordia". Quando questo delizioso edificio venne innalzato per volere e con l' apporto di nove famiglie locoli, si volle che già nel nome venisse ricordato il principio di fratellanza e ugualianza che aveva animato lo spirito francese della rivoluzione e il giacobinismo italiano. Il teatro, uno dei rari esempi del suo genere per armonia e sapienza di realizzazione degli spazi scenici e dei servizi per gli attori, ebbe vita fortunata fino agli anni cinquanta. Da qualche tempo se ne sostiene l' ingente spesa per il restauro per restituirlo alla popolazione. Dopo la seconda restaurazione pontificia del 1814 Montecastello è divenuto comune.