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Barile esisteva già nel XII secolo. Infatti la più antica testimonianza è in un documento del 9 giugno 1152, un breve pontificio di papa Eugenio III che elenca i casali e le parrocchie comprese nella giurisdizione ecclesiastica del vescovo di Rapolla. Tra le parrocchie e i casali vi è la chiesa di Santa Maria di Barile con Casale. Certamente il Casale era popolato già da qualche tempo, visto che quel breve si richiama a precedenti sanzioni e conferme di pontefici a partire da Alessandro III, che fu papa dal 1061 a 1073.Probabilmente una delle tante santa Maria di origine bizantina, che rimanda ad una prima fase di colonizzazione del territorio che precedeva "intorno a cappelle subdivali, secondo, appunto il costume grecanico, aggregazione e raccolta di nuclei abitativi". In un registro Angioino, Barile compare di nuovo nel 1275. In effetti prima della venuta di Carlo I° d'Angiò era padrone di Barile un certo Taddeo, che ne fu privato del feudo dal suddetto Re.Quindi, in un documento del 25 settembre 1314 Carlo I° d'Angiò, figlio di re Roberto, riconosce, ad istanza del vescovo di Rapolla. Pietro, il diritto di pascolo nella valle di Vitalba agli abitanti di Barile. Trascorsi 162 anni dal breve di papa Eugenio III° di Barile si è perso ogni traccia.Tra il XV° e XVI° secolo e cioè dopo la caduta di Scutari nel 1477 e, dopo la caduta di Corone nel 1532, la regione del Vulture venne invasa dalle ondate di gruppi di albanesi che da oltre cinque secoli popolano i comuni di Barile, Maschito e Ginesta.Ancora oggi la popolazione di albanesi conserva nell'uso corrente la lingua originaria e assieme la consapevolezza critica della propria identità etnica e culturale.